“Se qualcuno fosse in grado di guardarci dall’alto,
vedrebbe che il mondo è pieno di persone che corrono in fretta e furia,
sudate e stanche morte, nonché delle loro anime in ritardo, smarrite…”
Una volta c’era un uomo che lavorava molto sodo e molto in fretta e si era lasciato ormai da un pezzo la propria anima alle spalle. Senza anima non viveva neanche male – dormiva, mangiava, guidava la macchia e giocava perfino a tennis. A volte, però, aveva l’impressione che intorno a lui fosse diventato tutto piatto, gli sembrava di muoversi sul liscio foglio di un quaderno di matematica, un foglio ricoperto di quadretti tutti uguali e onnipresenti.
Una volta, durante uno dei suoi tanti viaggi, in una stanza d’albergo, quell’uomo si svegliò nel cuore della notte e si sentì soffocare. Guardò dalla finestra, ma non sapeva bene in quale città si trovasse, perché dalle finestre degli alberghi tutte le città sembrano uguali. Non sapeva bene neanche come fosse capitato lì, né perché ci fosse andato. E, purtroppo, aveva anche dimenticato il suo nome. Era una sensazione strana, perché non aveva idea di come rivolgersi a sé stesso. Dunque, rimase semplicemente in silenzio. Per tutta la mattina non si parlò e allora si sentì davvero molto solo – come se dentro il suo corpo non ci fosse più nessuno. Quando si mise davanti allo specchio del bagno, si vide come una macchia indistinta. Per un momento gli parve di chiamarsi Andrzej, ma subito dopo fu sicuro che il suo nome fosse Marian. Alla fine, spaventato, ritrovò il passaporto sul fondo della valigia, ritrovò il passaporto sul fondo della valigia e vide che si chiamava Jan.
Il giorno dopo andò da una dottoressa vecchia e saggia e quella gli disse le seguenti parole:
- Se qualcuno fosse in grado di guardarci dall’alto, vedrebbe che il mondo è pieno di persone che corrono in fretta e furia, sudate e stanche morte, nonché delle loro anime in ritardo, smarrite, che non riescono a star dietro ai loro proprietari. Da tutto ciò deriva una gran confusione, le anime perdono la testa e la gente smette di avere cuore. Le anime sanno di avere smarrito il loro proprietario, ma spesso la gente non si rende affatto conto di avere smarrito la propria anima.
Jan fu molto turbato da questa diagnosi:– Ma com’è possibile? Ho perduto anch’io la mia anima? – chiese.
La dottoressa saggia rispose: - Succede perché la velocità con cui si muovono le anime è molto inferiore a quella dei corpi. Infatti, esse si sono formate in tempi assai remoti, subito dopo il Bing Bang, quando il cosmo non aveva ancora acquistato troppa velocità, ragion per cui poteva guardarsi sempre allo specchio. Lei deve trovarsi un posto tutto suo, sedersi tranquillo e aspettare la sua anima. È senz’altro dove lei si trovava due, tre anni fa. Dunque, l’attesa potrebbe durare un po’. Per lei non vedo altro rimedio.
Così fece dunque quell’uomo chiamato Jan. Si trovò una piccola casetta ai margini della città e là ogni giorno sedeva in poltrona e aspettava. Non faceva altro. Ci vollero molti giorni, settimane e mesi. A Jan si allungarono i capelli, e la barba gli arrivò alla cintola.
Finché alla fine un pomeriggio qualcuno bussò alla porta e sulla soglia comparve la sua anima perduta – stanca, sporca e piena di graffi. – Finalmente! - disse trafelata.
Da quel momento vissero a lungo felici e contenti, e a Jan stava molto attento a non fare nulla più in fretta di quanto non riuscisse a fare la sua anima. Fece anche un’altra cosa - seppellì in giardino tutti i suoi orologi e le sue valigie. Dagli orologi crebbero bei fiori variopinti simili a campanule, mentre dalle valigie germogliavano grosse zucche, delle quali Jan si nutrì durante tutti i tranquilli inverni successivi.
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La trama -
Essendo un libro per bambini, la storia si apre e si chiude in una sola pagina. La narrazione veicola, però, un forte messaggio indirizzato non solo ai più piccoli, ma anche agli adulti. Il protagonista è descritto come “un uomo che lavora molto sodo e molto in fretta” e che in una notte come tante si sveglia non ricordando più il suo nome, né la sua identità. L’uomo decide quindi di rivolgersi ad una dottoressa, la quale gli svelerà che la dimenticanza è dovuta alla perdita della sua anima. L’unico rimedio per guarire è fermarsi e aspettare. Così l’uomo decide di ritirarsi in una casa isolata: smette di lavorare e ogni giorno, seduto in poltrona, attende il ritorno della sua anima.
Il messaggio -
Se “Il Piccolo Principe” consiglia ai grandi di rimanere un po’ bambini perché “gli uomini si imbucano nei rapidi, ma non sanno più che cosa cercano e allora si agitano e girano intorno a sé stessi”, allo stesso modo il libro della Tokarczuk illustra un protagonista indaffarato e preso dal suo lavoro finché non si rende conto di aver perso qualcosa di molto importante. “Se qualcuno fosse in grado di guardarci dall’alto, vedrebbe che il mondo è pieno di persone che corrono in fretta e furia, sudate e stanche morte, nonché delle loro anime in ritardo, smarrite…”, racconta il libro. L’esplosione di verde che caratterizza l’incontro tra l’uomo e la sua anima diventa allora un modo per sottolineare come il mondo interiore di ogni persona nasca proprio durante l’infanzia, nel ‘fanciullino’ di Pascoli. Riprendere in mano la propria anima è come ricordarsi di essere stati bambini.
L'autrice
A Olga Tokarczuk, il 10 ottobre 2019 è giunto il massimo riconoscimento: il Nobel per la Letteratura. l’Accademia di Svezia ha deciso di assegnare il premio 2018 all’autrice. L’anno scorso, il Nobel per la letteratura non venne assegnato. L’assegnazione fu rimandata al 2019. La motivazione recita: "Per la sua immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l'attraversamento dei confini come forma di vita"
L'Anima smarrita
testo di Olga Tokarczuk, illustrazioni Joanna Concejo
Edizione Topipittori 2018 - Tradotto dal polacco da Raffaella Belletti.