Da tre anni faccio parte del gruppo di volontari che si occupa dell' insegnamento della lingua italiana agli stranieri. Siamo in tanti a dedicare qualche ora durante la settimana a preparare una lezione da sottoporre ai nostri studenti. Il gruppo è coordinato e supportato dalla Caritas locale, ma, per quanto riguarda le linee didattiche, si è in stretta collaborazione con insegnanti della scuola statale.
Si tengono lezioni al mattino, al pomeriggio e alla sera in determinati giorni della settimana. Chi si presenta per frequentare la scuola, deve sottoporsi a un breve test che mira a evidenziare il livello di scolarità e di conoscenza della nostra lingua da parte di chi si vuole iscrivere e in base ai risultati, gli studenti vengono avviati nel gruppo di alfabetizzazione se non hanno mai imparato a leggere e a scrivere, in A1 se sono alfabetizzati, ma non conoscono nulla della nostra lingua e in A2 se conoscono già i fondamenti della lingua italiana. Le difficoltà maggiori per noi volontari sono rappresentate dalla irregolarità della frequenza e dalla variabilità dei gruppi e dalla loro eterogeneità (questo soprattutto in A2), tuttavia è un' esperienza che ti fa sentire utile e pertanto ti gratifica. Nel corso di questi anni ho avuto modo di avvicinare diverse persone provenienti dai paesi più disparati e su alcune di esse ho fermato sul mio blog qualche impressione, qualche annotazione...che ora riporto qui...
La libanese...
E' fuggita dal Libano all'acuirsi delle tensioni e del pericolo di disordini; con lei il marito italiano e tre figli. E' una giovane donna bella, ben curata e dallo sguardo intenso.
Nel nostro primo incontro appariva molto sulla difensiva e preoccupata di farmi capire che lei non era una povera immigrata bisognosa di aiuto....lei conosce quattro lingue, ha studiato nel suo paese e i suoi figli son molto bravi a scuola.
I suoi figli...ecco la sua preoccupazione più grande: i piccoli si trovano bene nelle nostre scuole, ma per il più grande, alle superiori, è difficile studiare le materie scientifiche in lingua italiana e lei soffre a vederlo in angoscia; per questo sta cercando in ogni modo qualcuno che possa affiancarlo negli studi.
E' lei che spesso fa da interprete quando non riesco a farmi capire dalle altre donne che frequentano la scuola di italiano e dimostra una perfetta conoscenza della grammatica.
Ora pare più distesa: ha capito forse che in questa scuola non trattiamo gli stranieri come indesiderati ospiti , ma cerchiamo solo di dare una mano per il poco che è nelle nostre possibilità con spirito di umana solidarietà
Piccolo summit di politica estera
Sono nell' aula della scuola di italiano per stranieri e sto consultando un po' di materiale didattico in attesa che arrivino gli "studenti". Dopo un poco arriva L., una signora ucraina, e , sapendo che è da poco è andata a trovare la sua famiglia in patria, in occasione delle vacanze di Natale, chiedo:
– Cosa sta succedendo nel tuo paese? Ho sentito brutte notizie!-
– L. risponde:– Sì, brutte notizie! Quasi guerra ! la gente è molto arrabbiata.... la gente non può sopravvivere...Questo governo non aiuta la gente..
Nel frattempo arriva anche S., che viene dall' Andalusia e chiede:- Ma c' è una dittatura in Ucraina? Chi ha eletto questo governo?-
L.: – Ci sono state elezioni normali, ma hanno detto bugie; ad esempio: ti dicono che lì dove tu vedi un bosco , dietro c'è una città.....ma dopo elezioni tu vedi che c'è solo un bosco, niente è come ti avevano detto... In Ucraina al supermercato tutto costa come qui; però qui gli stipendi sono 800/1200 euro al mese, ma in mio paese stipendi sono 100 euro al mese!!! Non è possibile! Non è possibile sopravvivere...-
S. allora parla del suo paese e dice che anche in Spagna si può sopravvivere, ma punta il dito contro la corruzione......e io devo convenire che a questo riguardo qui da noi non è certo molto meglio....
La marocchina
Ha 44 anni, 5 figli. Ha un bel viso e begli occhi scuri sempre pronti a sorridere. Porta con eleganza l' hijab, il velo che le copre il capo, e i lunghi abiti che le arrivano alle caviglie. Da quando i suoi figli sono cresciuti, ha cominciato a frequentare più o meno assiduamente la Scuola di Italiano per stranieri, ma prima per dieci anni non ha mai avuto un contatto con nessuno che non fosse della sua famiglia.
Fa tenerezza vederla scrivere lentamente in stampatello mentre compila un modulo che le chiede quanti anni di studio ha fatto e lei dice con semplicità: – Io in Marocco mai andata a scuola da bambina; ho imparato a leggere e a scrivere qui .
Ricordo che nei primi tempi in cui l' ho conosciuta stentava a leggere, perchè non aveva con sè gli occhiali da lettura, che servivano anche al marito; ora ne ha un paio tutto suo. Per la prova di scrittura vuole parlare di come passa il suo tempo libero e lei dice che si dedica alla lettura del Corano e, televisione, guarda programmi su temi inerenti alla sua religione: osserva con scrupolo i dettami dell' Islam, ma continua a ripetere che siamo tutti fratelli e non perde occasione per dimostrare la sua gratitudine per chi le ha permesso di imparare cose nuove, che le danno soddisfazione.
La siriana
"Il mio nome è S. e vengo dalla Siria, sono in Italia da vent' anni".
Così si presenta una signora di mezza età venuta per la prima volta alla scuola di italiano per stranieri. Ha difficoltà nel leggere e nello scrivere in italiano, ma parla molto bene la nostra lingua.
Quando, terminato il test mirante a individuare il suo livello di preparazione, sta per andarsene, lei tiene a precisare che è andata a scuola, dietro le insistenze della madre, solo fino a 7 anni, mentre nella sua famiglia i maschi sono arrivati anche all' università.
"In Siria è così – continua – se sei femmina non hai diritto di andare a scuola, subito devi lavorare". "E' difficile la vita delle donne in Siria – osservo io – ma speriamo che le cose possano cambiare".
"Là non cambierà mai nulla – dice S. – Qui io ho fatto studiare i miei figli e sono stati loro a spingermi a venire a questa scuola e io verrò ogni volta che potrò".
S. per far studiare i suoi figli ha lavorato molto e non ha finora potuto imparare a leggere l' italiano; ora che ha perso il lavoro e i figli son cresciuti, può pensare un po' a sè. Mentre se ne va, mi chiedo se il suo risentimento per i suoi diritti negati sia comune a molte altre donne nel suo paese o se sia frutto dell' aver sperimentato il nostro modo di vivere.
L' istruzione delle donne, meglio delle bambine, è il primo passo verso l' affermazione del diritto all' uguaglianza e io, contrariamente a S. , spero che qualcosa cambi e cambi in fretta; per questo auspico che a livello mondiale si applichino delle sanzioni a quei paesi che continuano a negare i diritti fondamentali alla popolazione femminile.
Chissà se un giorno anche S. potrà dire come me: DONNA E' BELLO!