Il 22 ottobre 2015 la maratona “Arco della vita”, dopo ben 5 anni dalla partenza, era giunta al primo spugnaggio al Km 7,5. Era stato difficile arrivarci, gli ultimi chilometri li avevamo percorsi a zig zag e a testa bassa, con passo strisciato per via della formazione obbligatoria del personale di assistenza geriatrica, imposta dalla normativa vigente.
Il risultato era stato epocale: gli operatori di Casa Morando non in possesso del titolo di OSS se ne erano andati preferendo altre soluzioni lavorative e la formazione “Arco della vita”, caposaldo del nostro progetto, sulla quale tanto avevamo investito, si era dispersa per la città.
Dopo un iniziale periodo in cui il turnover del personale aveva creato un certo sconforto sia per la gestione dei turni, sia per l’impatto provocato sugli anziani ospiti, eravamo ripartiti, con grande determinazione, proponendo altri due progetti, uno rivolto all’interno, “Parliamone insieme” condotto da Alessia, psicologa, nonché membro del CDA della residenza, l’altro all’esterno, in collaborazione con la parrocchia Rupinaro e l’Associazione I Fili che abbiamo chiamato “Quartiere solidale”.
Sempre presente nella nostra mente la necessità di “creare, per ogni realtà, un modello organizzativo proprio che, facendo tesoro di quanto la vasta letteratura in materia ci insegna, sappia tradurre in termini applicativi queste informazioni e sappia adattarle al contesto e alle esigenze individuali investendo soprattutto sulle risorse umane, nel rispetto dei diritti e delle prerogative inalienabili della persona, declamati a gran voce da tutte le organizzazioni internazionali, ma così difficili, da raggiungere nei fatti concreti”.
“Credere nelle risorse umane: dal tessuto sociale al sincizio sociale con sguardo antropologico”: è proprio questo il sottotitolo del progetto “Arco della vita” presentato ufficialmente nel Tigullio orientale nell’aprile del 2011.
Come sempre, però, bisognerebbe intendersi sul significato delle parole. E mai fare i conti senza l’oste.
Infatti, se si escludono tra le risorse umane i decisori, gli amministratori, gli ispettori, coloro che devono far applicare le norme in tutte le loro sfaccettature, talvolta sfumate, confuse e quindi interpretabili ora in un modo ora in un altro, ecco che cade l’asino: il metodo diventa inapplicabile e le enunciate finalità difficili da concretizzare.
Ciò nonostante siamo andati avanti e abbiamo raggiunto, quasi, il km 9.
Lo spazio aperto, accessibile dal retro della residenza, così chiamato giardino sensoriale, è ormai utilizzato a pieno regine soprattutto nelle stagioni intermedie. Il percorso è accessibile a tutte le persone con disabilità per l’abbattimento delle barriere architettoniche e nel laghetto artificiale sono nati numerosissimi pesciolini dai 5 sopravvissuti dei 10 capostipiti. La moria iniziale ci aveva preoccupato non poco, il laghetto, le cui acque si intorbidivano sempre di più a ogni pioggia, era stato prosciugato, i pesci rossi curati a dovere, mantenuti in una vasca al coperto all’interno della palestra e atteso la primavera prima di rigettarli in acqua all’aperto. Contarli ora è impossibile, ce ne sono di tutte le misure, i più piccoli sono grigi, nonostante il laghetto si mantenga torbido, per ragioni ancora del tutto da chiarire, ma certamente in qualche modo legate a quelle che si chiamano in-competenze umane. Speriamo che, prima o poi, i tecnici riescano a risolvere questo problema che, comunque, non sembra affatto compromettere la fertilità degli abitanti. Meglio così: la natura ha sicuramente infinite risorse.Anche la palestra è stata fino a poco tempo fa sfruttata dal mattino alla sera e non solo per favorire l’attività ginnica degli ospiti, ma anche per promuovere le relazioni tra le persone, familiari, giovani nonché la nostra pet therapy permanente egregiamente svolta da Asso e Felicity, con il loro scorrazzare indisturbato tra attrezzi e carrozzine, esigendo carezze e , meglio ancora, qualche pezzo di pane secco, gelosamente custodito dall’uno o dall’altro ospite in cambio di una musata accompagnata dall’incessante scodinzolare. La più gettonata è decisamente Wanda, per la semplice ragione che ha sempre a disposizione pacchetti di cracker che scarta con meticolosa attenzione ed elargisce con grande generosità.
Il suo sorriso, mentre Felicity le salta in grembo, testimonia il suo ben-essere.
Ci vuole tanto poco! Penso io.
La palestra, quando il maltempo impedisce l’accesso agli spazi esterni, è anche il luogo in cui si accolgono i ragazzi della scuola che vengono a fare i compiti e la merenda in Casa Morando ogni venerdì pomeriggio. Lo chiamiamo “Il pomerando” ed è davvero un momento di gioia per tutti, in cui i valori, quelli che contano, che non hanno prezzo, come la dignità, il rispetto, la fiducia, la speranza, il senso della vita, dopo aver aleggiato nello spazio per un tempo indefinito, entrano nella coscienza degli uni e degli altri e vi rimangono per sempre.
La foto sottostante riprende il "pomerando" di oggi. Cosa facciano ammucchiati attorno al tavolo non lo so, ma si divertono.
Un po’ in disparte due ragazzi tirano calci al pallone e la vecchia Teresa e il giovane gallo Fortunello hanno il loro daffare per evitare di essere colpiti.
Il quartiere solidale invece non è decollato, nonostante il parroco avesse distribuito i volantini al termine della messa domenicale, con l’invitante frase “Abbiamo avuto un’idea … ci aiuti a svilupparla? “.
Ci siamo chiesti perché nessuno, proprio nessuno, avesse colto il nostro appello e l’unica risposta che ci siamo dati è quella di non essere stati sufficientemente chiari sulla gratuità della nostra proposta e/o sul fine che ci eravamo prefissati: mettere a disposizione delle persone le competenze di cui ognuno di noi è portatore, se non altro, quelle idee, a volte un po’ strampalate, che nascono dall’intelligenza emotiva e che ci aiutano a stare meglio in questo mondo.
Sul condominio solidale, poi, neanche a parlarne. Troppo ricambio di decisori, dalla Regione, ai Comuni, alla ASL, in ben altre e più importanti faccende affaccendati. Importanti per chi? Mi chiedo. Possibile che in questo pianeta l’apparente bene individuale superi di gran lunga il bene comune? Questo è il pensiero che si affaccia alla mia mente, ma non mi piace e cerco di dimenticarlo.
Comunque sia, passo dopo passo, il cartello del km 9, si intravedeva, subito dopo un ponticello, dal pavimento di legno, sospeso su un ruscello che la pioggia, iniziata da poco, ma tempestosa, aveva riempito in men che non si dica sicché le acque stavano superando gli argini.
Mancavano poche decine di metri, quando il ruscello è esondato, fortunatamente procurando pochi danni alle strutture e nessun danno alle persone; se non che, per ragioni di sicurezza, la maratona è stata sospesa.
Sospesa per alluvione, a data da destinarsi, e chissà se varranno questi 9 km o se si dovrà ricominciare tutto da capo? La maratona è, come la vita, piena di imprevisti, ma ormai siamo partiti e non crediate che ci demoralizzeremo per una battuta d’arresto.
Volete sapere cosa è successo nella realtà dei fatti? Ve lo dico subito.
Non molti giorni fa, a seguito di ripetute piogge, la palestra, inaugurata da pochi mesi, si è allagata per un’infiltrazione d’acqua che ha deteriorato alcuni pannelli della controsoffittatura del tetto. Ovviamente è stata resa inagibile ed è stato necessario fare un esposto al direttore dei lavori di costruzione affinché provvedesse a riparare il danno nel minor tempo possibile.
Per tutta risposta è pervenuta una denuncia per aver montato, in modo abusivo, una casetta in legno, di non più di 4 metri quadrati, atta a contenere materiale di utilizzo quotidiano della residenza, in particolare i pannoloni.
Che strana coincidenza! Che strano mondo! Chi mai poteva conoscere che quella strana cosa, come la volumetria, era stata tutta utilizzata per la costruzione della palestra a esclusivo vantaggio degli anziani?
Insomma, la casetta abusiva è stata rimossa, i mandanti del comune hanno fotografato lo spazio vuoto dove era ubicata e ora non ci resta che pagare la sanzione e attendere il da farsi. Quando, come e cosa non si sa.
Come sempre le domande si intrecciano nella mia mente.
Con tutti i problemi legati all’esistenza umana che caratterizzano l’epoca attuale, che senso ha perdere tempo per una piccola dispensa removibile, ubicata in uno spazio privato, non utilizzabile in altro modo?
Lascio a voi la risposta e attendo, con fiducia, di poter riprendere a correre, sapendo che al termine del decimo chilometro ci sarà il prossimo ristoro che ci permetterà di prendere fiato.