L’ho seguita da lontano, solo con gli occhi, quando sono arrivato al nord con appena ventiquattro anni addosso e una laurea vecchia solo di qualche mese, mentre lei portava con le spalle dritte splendidamente i suoi 40 anni di insegnante con due lauree, assidua nei teatri e al cinema tra i film d'autore, negli incontri culturali in cui appariva circondata da amiche e amici senza che si capisse poi se “stava” con qualcuno. Un mistero per me, peraltro mai indagato se non placidamente e pigramente.
Me la sono rivista ancora bella malgrado gli 82 anni, col suo identico portamento e le ho dovuto fare un test MMSE e quello dell’orologio risultati ottimi, ma che nello stile di esecuzione, in qualcosa di quella atmosfera mi lasciavano dei dubbi. Era venuta da sola a lamentarsi della sua memoria, poiché sola viveva e non aveva parenti e neanche più amici, diceva. Il suo racconto, la visita, i test brevi avevano quegli aloni indefiniti come sono gli stadi iniziali della malattia di Alzheimer quando appartengono alla sensazione soggettiva di qualcosa che manca o che non funziona come prima.
Non assumeva farmaci, dormiva bene, si alimentava con cura e non beveva alcolici. Non aveva avuto malattie serie. Avevo consigliato di eseguire gli esami del sangue di rito per escludere a un primo sommario sguardo malfunzionamento della tiroide, carenze di vitamine nobili, alterazioni del calcio e del sodio, aumenti degli indici di infiammazione e stranezze dello spettro delle sue proteine; ed anche raccomandato di sottoporsi a una valutazione neurocognitiva estensiva, più seria e adeguata rispetto alla mia.
Giusta intuizione, perché al momento di salutarci mi aveva chiesto se aveva già pagato o no, uscendo stava per dimenticare l’ombrello, sembrava piuttosto impacciata e non così sicura come lo era stata poco prima. Sull’uscio sono tornato a raccomandarle di tornare con l’esito degli esami e con qualche familiare, anche lontano o con un’amica.
Non è più tornata.
Quasi un anno dopo di fronte al mio ambulatorio ci fu un trambusto enorme di sirene e pompieri con una scala enorme che tentavano di arrivare all'ottavo piano di un quasi grattacielo dove una donna scarmigliata gettava libri a tonnellate sulla strada... Era lei. Non ricordavo che abitasse quasi di fronte, non lo avevo notato quando ho compilato la ricevuta fiscale.
Credo che sia finita in una casa di riposo. Forse ci è anche morta. Non ho voluto raccogliere notizie dettagliate su di lei, per ribrezzo verso la morbosità della vita privata degli altri e forse per una forma di rispetto per quell’antico fascino che avevo subìto negli anni della mia giovinezza.
Quel poco che mi hanno detto alcuni conoscenti, anni dopo, convergeva sulla sua solitudine nel finale della vita, certamente legata ad una forma di alterigia che si poteva cogliere nella postura e nello sguardo, affascinanti come i contorni torbidi e misteriosi della sua esistenza ma alla fine usati come respingenti.
Un commento “tecnico” alla fine di un racconto che ancora mi crea amarezza? Tocca farlo, la sua assenza può far perdere il significato istruttivo, formativo, di questa storia.
Il Mini mental mente...
Si può essere dementi con un punteggio pieno nei test brevi che riguardano la memoria ed il resto, quelli che si fanno alla prima visita. Bisogna ascoltare il racconto di chi si lamenta di non essere più come prima, dei suoi familiari, mettersi in testa che esistono le fluttuazioni dello stato cognitivo e che una persona da esaminare può capitarti nel suo momento buono o in quello cattivo, e infine che possiede una sua riserva cognitiva che la difende dagli attacchi distruttivi dell’amiloide e della tau incattivite da un movente ancora misterioso. Fino a un certo punto...
Mesi fa avevo commentato su questo sito la vicenda di Robin Williams, malato a sua insaputa, il quale aveva un cervello demolito da un’altra “ruggine” diversa da quelle altre due, un cervello che ancora resisteva, forte dei sentieri costruiti dai suoi neuroni colti e ben allenati. Fino a un certo punto...
Si chiama SCD questa sensazione di Declino Cognitivo Soggettivo che può avere il sapore dello zoppicare della sola memoria oppure di un pezzo di funzione che appartiene a quel tanto di altro che il cervello umano ci elargisce a livello cognitivo. E’ uno stadio iniziale in cui la persona che segnala il problema e chiede aiuto sa che si tratta di una cosa seria, ma che i familiari e spesso anche il medico e persino lo specialista fanno fatica a comprendere, accettare, accertare. Sì, spesso difficile da cogliere con i test ufficiali (ed artificiali, in fondo!). La vita reale è altro, la SCD può durare anni, anche tanti, prima di trasferirsi al piano di sotto,nei saloni fumosi del Mild Cognitive Impairment (MCI), per carità! anche lui con le sue pecche non sempre accettabili e i confini indefiniti. Per carità! Anche questo con le sue pecche non sempre accettabili e i confini indefiniti, il Mild Cognitive Impairment (MCI).Ambedue le sigle, perché di pratiche sigle in fondo si tratta, artificiosamente create da noi per nostro comodo in un processo che è un continuum, SCD e MCI, sono alla ricerca di una solida identità e si comportano come macchine del moderno traffico che arrivano nelle rotonde, invenzioni efficaci e funzionali per eliminare intoppi, moderare la velocità, creare una democrazia e dare un ordine. Le rotonde sono adatte anche alla “sosta dinamica” in cui giri e rigiri prima che la natura decida da che parte andare, verso il destino di una vera demenza o magari dall’altra parte, dove verrai riclassificato di nuovo come sano e miracolato.