Una legge sotto l'albero potremmo dire. Si tratta della legge approvata definitivamente dal Parlamento pochi giorni fa, il 14 dicembre e non ancora pubblicata; una legge attesa, che sta facendo parlare di sè, e che - come tutte le leggi che chiamano in causa i valori di ciascuno di noi - suscita sensazioni differenziate.
Da giurista, cercherò di fare una panoramica oggettiva, non senza richiamarne i punti di forza e gli aspetti critici.
Mi preme dire, innanzitutto, che la parte più innovativa di questa legge è senz'altro quella sulle DAT - Disposizioni Anticipate di trattamento (leggi anche "biotestamento") ma non è soltanto questo.
Il Legislatore ha, infatti, introdotto una disciplina unitaria dei diritti del paziente e dei rapporti tra paziente e medico, considerandone e regolamentandone tutti i profili: consenso informato, doveri e responsabilità del medico, relazione di cura, pianificazione delle cure, decisioni relative al fine vita, partecipazione dei familiari, accanimento terapeutico, cure palliative, disposizioni anticipate di trattamento.
Ma vediamo, più da vicino e in sintesi, che cosa prevede la legge.
L'art. 1 annuncia che la legge intende salvaguardare i diritti fondamentali della persona nel campo della salute e dunque, il diritto alle cure, il diritto a essere informati (ma anche il cd. diritto all'oblio, cioè a non ricevere alcuna informazione), la libertà di autodeterminazione, la dignità del paziente.
Diritto all'autodeterminazione in campo sanitario e consenso sanitario informato
Il punto di forza del nuovo testo normativo è senza dubbio quello di avere consacrato il diritto all'autodeterminazione, e cioè il diritto della persona di decidere se accettare o no un determinato trattamento sanitario, dopo avere ricevuto un’informazione adeguata da parte del medico (e dall'équipe sanitaria).
Al tempo stesso, tuttavia, la legge attribuisce al medico l'ultima parola, in determinate situazioni, con ciò di fatto attenuando la forza del diritto all'autodeterminazione.
E' questa la ragione per la quale si parla della legge appena approvata come di legge di compromesso tra posizioni ideologiche opposte.
Autodeterminazione del paziente significa che questi non potrà essere sottoposto ad alcun trattamento di diagnosi o cura senza il proprio preventivo consenso, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla legge.
Il consenso dovrà essere libero, informato, consapevole e, perché sia tale, la legge fa obbligo al medico e all' équipe sanitaria di fornire al paziente un'informazione adeguata.
Più precisamente, l'art. 1 della legge stabilisce che ogni persona ha diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici, nonchè riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario.
Il comma VIII dell'art. 1 della legge contiene un'indicazione di importanza centrale, laddove si dice che "il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”.
Penso che si tratti di una disposizione rivoluzionaria, che servirà da monito a tutti i medici che riservano al paziente poche parole, laconiche e frettolose.
Parafrasando la disposizione qui riportata, potremmo anche dire: non c'è cura adeguata senza comunicazione e, anzi, senza comunicazione empatica tra medico e paziente.
Ricevuta adeguata informazione, dunque, l'interessato potrà prestare il consenso al trattamento sanitario propostogli, così come potrà - all'opposto- rifiutarlo.
Il rischio di una vanificazione della libertà di scelta del paziente si pone proprio nel caso di rifiuto delle cure. La legge prevede, infatti, che il medico è tenuto a rispettare la volontà manifestata dal paziente di rifiuto del trattamento ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla. Se, dunque, la volontà del paziente sia nel senso di rifiutare trattamenti salvifici, tale vo-lontà potrà non essere rispettata da parte del medico il quale valuti le condizioni del paziente non in grado di recepire quella volontà.
Sempre nell'art. 1 si trovano disciplinate le modalità di acquisizione del consenso.
Partecipazione dei familiari
Una novità apprezzabile sta nella previsione della possibilità di coinvolgimento dei familiari e di persone di fiducia del paziente nella relazione con il medico, allorquando il paziente lo desideri. Viene in tal modo, opportunamente, favorita la partecipazione dei familiari, nel rispetto prioritario dell'autodeterminazione e della riservatezza dell'interessato.
Consenso dei pazienti minori d'età e "incapaci"
La legge favorisce la partecipazione attiva del minore alle decisioni che riguardano la propria salute, recependo con ciò la linea di tendenza già emersa in altri settori, di valorizzazione della volontà dei bambini e degli adolescenti.
Precisamente, l'art. 3 stabilisce il diritto del minore a ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità di comprensione, per essere messo in condizione di esprimere la sua volontà.
I rappresentanti del minore (genitori o, nei casi previsti dalla legge, il tutore) dovranno esprimere o negare il consenso sanitario tenendo conto della volontà del minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della sua salute psicofisica nel rispetto della sua dignità.
Il medesimo art. 3 della legge si occupa, poi, delle persone prive di autonomia, qualificandole in modo inappropriato e anacronistico “incapaci”; dedica previsioni distinte alla persona interdetta, a quella inabilitata e al beneficiario di amministrazione di sostegno.
La mia sarà deformazione professionale, ma non posso non evidenziare la stonatura rappresentata dal fatto che, oltre a parlare di incapaci, la legge si occupa in primo luogo dell'interdetto e dell'ina-bilitato, e infine del beneficiario di AdS; come se la riforma del 2006 non avesse modificato l'assetto tradizionale delle misure di protezione e l'interdizione costituisse ancora oggi la misura privilegiata dall'ordinamento!
Va, in ogni caso, apprezzato il richiamo alla necessità che la persona interdetta venga sentita dal tutore nel pieno rispetto della sua dignità.
Per il resto, l'art. 3 recepisce le regole dettate dalla giurisprudenza in materia di gestione del consenso sanitario informato nell'ambito dell'Amministrazione di sostegno. Così, è previsto che il consenso sanitario venga prestato o negato (anche o soltanto) dall'amministratore di sostegno, a seconda che il decreto di nomina gli abbia attribuito compiti di assistenza necessaria o di rappresentanza esclusiva riguardo alla salute. Correttamente, dunque, viene previsto che il Beneficiario dell'AdS è tendenzialmente sovrano nell'assumere le decisioni sanitarie che lo riguardano, accompagnato o sostituito dall'AdS soltanto là dove occorra nel suo esclusivo interesse. Qualora, poi, tra medico e amministratore di sostegno insorga un contrasto in merito alla decisione da assumere circa un determinato trattamento, la legge riserva la decisione al giudice tutelare (allo stesso modo di quant’è previsto nell'art. 410, II comma c.c. in materia di AdS); con la novità tuttavia che anche il medico può fare ricorso al giudice.
Disposizioni anticipate di trattamento
Come ho già detto, la parte dedicata alle DAT rappresenta la vera novità della legge.
Più esattamente, l'art. 4 introduce il diritto della persona che sia nel pieno delle proprie facoltà mentali, di dettare disposizioni in materia di trattamenti sanitari e di fine vita, destinate a valere per il momento eventuale e futuro di una propria incapacità di autodeterminazione.
Per predisporre le DAT, occorre la capacità di intendere e di volere, e occorre altresì acquisire preventivamente adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte.
Non è chiaro se tale secondo requisito debba essere formalmente verificato e certificato nell'atto stesso che recepisce le DAT. In realtà, tale indicazione sembra confliggere con la valorizzazione dell'autodeterminazione della persona perseguita dalla Novella. E’ verosimile che si tratti essenzialmente di una raccomandazione del Legislatore riguardo all’opportunità di compiere scelte ben ponderate date le conseguenze che ne possono derivare.
Mediante le DAT, dunque, l'interessato esprimerà le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari e salvifici. Per trattamenti salvifici si intendono i trattamenti della fase terminale della vita di un paziente, volti a somministrare nutrimento e idratazione forzata.
La norma non fa riferimento esplicito ai cd. atti salvifici, ovverosia agli interventi di fine vita quali l'alimentazione e la ventilazione forzata, ma non può esservi dubbio sul fatto che anche questi trattamenti rientrano nell’ambito dei trattamenti sanitari.
Il disponente può, altresì, indicare un fiduciario, cioè un soggetto cui spetterà far rispettare le volontà del primo. Detto fiduciario viene identificato in "una persona di sua fiducia" e dunque potrà trattarsi di chiunque, e non necessariamente di un familiare.
Il fiduciario, dunque, dovrà in ipotesi fare le veci del disponente e rappresentarlo nelle relazioni con il medico.
Una questione interpretativa che potrebbe sorgere riguarda il caso in cui l’interessato non abbia espresso, nelle DAT, il desiderio che il fiduciario estraneo alla cerchia familiare coinvolga i familiari. Potrebbe accadere, infatti, che un familiare, autenticamente interessato alla salute del proprio congiunto, si veda impedire ogni possibilità di accesso alle informazioni e alla relazione con il medico, da parte del fiduciario.
La nomina del fiduciario dovrà essere accettata dal fiduciario medesimo, al momento dell'incarico attraverso la sottoscrizione delle DAT o successivamente, con un atto separato. Non è specificato se il disponente possa nominare due o più fiduciari in successione, al fine di garantire l’attuazione delle DAT nel caso di rinuncia o sopravvenuta incapacità o premorienza del primo fiduciario. Non vi sono, comunque, controindicazioni a tale possibilità, la quale del resto varrà a garantire l'attuazione delle DAT.
Il disponente potrà sempre revocare l’incarico al fiduciario, senza obbligo di motivazione e con le modalità previste per la nomina.
La nomina del fiduciario potrebbe anche mancare, non essendo stabilito un obbligo in tal senso; in tale eventualità, qualora cioè il disponente non abbia indicato un fiduciario, l'attuazione delle volontà dell'interessato potrà essere assicurata mediante la nomina di un Amministratore di sostegno. Dispone, infatti, il IV comma dell'art. 4: ”In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile”.
Bisognerà vedere, come - nella pratica - andranno conciliate le due figure del fiduciario e dell'amministratore di sostegno, nei casi di sovrapposizione. Si pensi, per esempio, al caso in cui la nomina dell'amministratore di sostegno avvenga in presenza di DAT precedentemente formate, contenenti la nomina del fiduciario: come dovrà procedere il Giudice? Dovrà rispettare l'indicazione del disponente riguardo all'attribuzione dei compiti in ambito sanitario o sarà libero di discostarsi dalla designazione contenuta nelle DAT ?
Va detto, in ogni caso, che la nomina del fiduciario attraverso le Disposizioni Anticipate di trattamento potrà consentire di evitare le lungaggini del procedimento di AdS, con effetti positivi per il paziente allorchè debbano essere assunte tempestivamente decisioni.
Le Disposizioni Anticipate di Trattamento potranno essere formate davanti al Notaio, con atto pub-blico o scrittura privata autenticata, ma anche con modalità più snelle: come la consegna della scrit-tura privata presso l’Ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente o presso le strutture sanitarie. Certamente, la previsione di modalità di formazione che possono prescindere dall’intervento del notaio unite all’esenzione fiscale potrà agevolare ed incentivare il ricorso a tale strumento.
Le persone con disabilità potranno predisporre le DAT anche attraverso videoregistrazione o dispo-sitivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare.
Con le medesime forme, il disponente potrà modificare o revocare in qualsiasi momento le Dispo-sizioni precedenti.
La legge prescrive al medico l’obbligo di rispetto delle DAT. Nonostante la chiarezza di tale prescrizione, anche qui - come già abbiamo visto riguardo al consenso sanitario informato - l'attuazione delle volontà dettate in via anticipata potrà essere vanificato dal medico; e ciò nei seguenti casi: (i) qualora esse appaiano palesemente incongrue; (ii) qualora esse appaiano non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente; (iii) qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.
Viene dunque attribuito al medico un ampio potere valutativo e decisionale, considerato oltretutto che i casi suddetti (fatta eccezione per il caso c) non sono oggettivamente tipizzabili.
Il solo limite alla discrezionalità decisionale del medico è data dalla necessità che la deroga alle DAT sia decisa in accordo con il fiduciario; ma che dire per i casi in cui non vi sia un fiduciario o nel caso di disaccordo tra medico e fiduciario, ipotesi per la quale la legge rimette la decisione al Giudice tutelare?
Terapia del dolore e accanimento terapeutico
L' art. 2 della legge si occupa della terapia del dolore, e vieta ogni terapia sproporzionata e inutile. In realtà, il diritto ai trattamenti palliativi era già previsto e disciplinato dalla legge n. 38 del 2010, e dunque questa previsione va considerata come un rafforzamento.
Sono poi fissati taluni doveri del medico sul versante del fine vita: adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente, anche se il paziente rifiuti il trattamento sanitario suggeriti dal primo; non ostinarsi irragionevolmente nel somministrare le cure; possibilità di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari.
Viene ancora prevista la possibilità di pianificazione delle cure condivisa tra medico e paziente, con riferimento all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o contraddistinta da evoluzione con prognosi infausta. La pianificazione dovrà essere rispettata dai sanitari qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità.
La pianificazione è concordata previa adeguata informazione al paziente, in particolare sul possibile evolversi della patologia in atto, su quello che il paziente possa realisticamente attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervento e sulle cure palliative. Anche la pianificazione può essere accompagnata dall’indicazione di un fiduciario, da parte del paziente. Anche qui, come già nell’art. 1, compare la possibilità di coinvolgimento dei familiari, compresa la parte dell’unione civile e il convivente.
La pianificazione delle cure può essere aggiornata in base al progressivo evolversi della malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico (comma 4 citato).
In conclusione
Una legge di compromesso, dunque; da apprezzare perché offre a medici e pazienti un testo unitario e completo cui fare riferimento.
Certo, occorrerà vedere quale sarà l'accoglienza concreta che i sanitari riserveranno alla nuova legge.
Senz’altro positiva è la considerazione dei familiari del paziente, i quali possono venire coinvolti nella relazione di cura allorchè l’interessato lo desideri.
Riguardo al consenso sanitario informato, sarebbe bastato che il Governo depositasse la legge di ratifica della Convenzione di Oviedo, rendendo così efficace e vincolante anche in Italia regole uni-formemente applicate negli altri ordinamenti europei, oltretutto costantemente richiamate dalla giu-risprudenza quale riferimento immancabile per l'interpretazione di norme esistenti. Ma sono i misteri della nostra Italia.
Una riflessione più approfondita dovrà essere dedicata al coordinamento con la legge sull'AdS e sulle possibili sovrapposizioni di ruoli tra amministratore di sostegno e fiduciario.