Il 7 Ottobre 2016 l’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco - ci faceva conoscere un utile messaggio della FDA (il corrispettivo statunitense: www.fda.gov/consumer) “Pazienti anziani: dall’FDA americana 4 consigli utili per utilizzare i farmaci in sicurezza”.
Eccolo. Ho provveduto a sottolinearne alcuni passaggi.
Per utilizzare i farmaci in sicurezza occorre prestare attenzione in ogni età della vita e in maniera particolare dal sesto decennio in poi. Questo il messaggio lanciato dalla Foodand Drug Administration (FDA) ai pazienti anziani, con la pubblicazione di consigli utili da mettere in pratica prima di assumere farmaci (che siano da banco o dietro prescrizione medica) facendo attenzione anche alle possibili interazioni con l’assunzione di preparazioni a base di erbe e integratori.
Questa speciale attenzione, spiega la FDA, è legata a una pluralità di fattori. Con l’invecchiamento aumentano le probabilità di un ricorso, ad esempio, alle medicine complementari che possono aumentare il rischio di interazioni con i farmaci e di insorgenza di effetti avversi. Analogamente, anche i cambiamenti fisici possono influenzare il modo in cui i farmaci sono metabolizzati dall’organismo, portando a potenziali complicazioni.
“Non c'è dubbio che la fisiologia cambi con il passare degli anni. Molte patologie croniche non appaiono nemmeno fino all’età più avanzata”, spiega Sandra L. Kweder, medical officer della Food and Drug Administration, “alcuni cambiamenti sono solo una parte del normale processo di invecchiamento”.
I 4 consigli della FDA
1. Assumere il farmaco secondo la prescrizione e con input dal fornitore di assistenza sanitaria
L’aderenza alla terapia è fondamentale, per questo il primo consiglio riportato dalla FDA è di assumere il farmaco regolarmente e in base alle istruzioni fornite dal proprio medico curante.
Non è quindi possibile assumere farmaci senza una prescrizione, saltare le dosi o interrompere l’assunzione di farmaci senza aver prima consultato il proprio medico. Ciò vale, precisa il documento, anche se ci si sente meglio o se si pensa che il farmaco non stia avendo alcun effetto. In caso di reazioni avverse o se si nutrono dei dubbi è sempre fondamentale parlarne con il medico.
“I farmaci che curano patologie croniche come ipertensione e diabete” spiega Sandra Kweder “in genere funzionano solo se assunti regolarmente e secondo le istruzioni. Bisogna assumerli continuativamente per mantenere il controllo della propria condizione”.
Il dosaggio per i farmaci si basa su studi clinici e sulle revisioni delle agenzie regolatorie. “Ogni medicinale è veramente diverso ed è dosato in base a ciò che è stato testato”, aggiunge Kweder, che è uno dei motivi per cui non si deve mai modificare il dosaggio con il fai-da-te.
2. Compilare un elenco dei farmaci
Il secondo consiglio dell’FDA è di tenere un elenco, una sorta di “registro” dei farmaci che si stanno assumendo e di tenerlo con sé, assicurandosi che sia aggiornato e includa tutte le modifiche apportate dal medico. Un consiglio aggiuntivo è di darne una copia a un amico o a una persona di fiducia, una precauzione importante soprattutto in caso di emergenza e quando si viaggia.
L’elenco dovrebbe includere il nome del farmaco e quello del principio attivo. Si dovrebbe annotare il motivo per cui si sta assumendo ciascun farmaco, il dosaggio e i tempi di assunzione.
3. Essere consapevoli di potenziali interazioni farmacologiche e reazioni avverse
Le interazioni possono verificarsi quando:
• Un farmaco influenza il meccanismo di azione di un altro farmaco;
• Una patologia rende un certo farmaco potenzialmente dannoso;
• Una preparazione o integratore a base di erbe influenza l’azione di un farmaco;
• Una bevanda cibo o analcolica interagisce con un farmaco;
• Una bevanda alcolica interagisce con un farmaco.
Il compito del paziente, sottolinea la FDA, è di acquisire informazioni su possibili interazioni e potenziali reazioni avverse. È possibile farlo leggendo con attenzione le etichette di farmaci, anche quelli da banco, le informazioni che sono fornite (attraverso il Foglio Illustrativo) con i farmaci da prescrizione e tutte le istruzioni speciali con l’aiuto del medico curante.
4. Farmaci Review con il provider di assistenza sanitaria
Idealmente, conclude l’articolo, si dovrebbe poter discutere di farmaci dietro prescrizione, OTC e integratori alimentari con il proprio medico a ogni visita. È importante farlo, secondo l’FDA, per confermare se i farmaci siano ancora necessari e se gli integratori siano appropriati, e per determinare se e di quali si possa interrompere l’assunzione.
Sarebbe auspicabile, scrivono gli esperti dell’FDA, pianificare almeno una “revisione” ogni anno.
“Come società facciamo sempre più affidamento sui farmaci per aiutarci a raggiungere una vita più lunga e di qualità superiore. È un successo meraviglioso della medicina occidentale”, aggiunge S. Kweder. “L'obiettivo dovrebbe essere per ciascuno di noi di accedere a tale beneficio, rispettando i farmaci che sono una faccenda seria. Per ottenere il massimo da loro, si dovrebbero assumere con grande attenzione e secondo le indicazioni terapeutiche”.
Insomma, ci vuole buona collaborazione tra medico e paziente, e quest’ultimo deve essere formato, informato e responsabile. Ma non basta! Si può sbagliare rischiando di compromettere la salute e persino la vita anche in altri modi. Vi racconto una storia vera.
E’ accaduta agli inizi di quest’anno ad Aurora, una donna di settantaduenne che avevo conosciuto professionalmente due anni prima perché era stata accompagnata dai familiari... che mi avevano confuso con uno psichiatra. Sono tra quei neurologi che cercano di non allargarsi più di tanto verso il pianeta nevrosi, disturbi di personalità e psicosi, insomma tutte quelle patologie dichiaratamente psichiatriche, privilegiando le tante malattie organiche di propria competenza.
- Sono nervosa e frastornata, dottore! I vicini mi seguono al supermercato, la frutta sparisce da casa, le scarpe a volte sono introvabili.
E tutto per mano degli storici, innocenti e a loro volta allarmati vicini di casa!
Le cure proposte dal medico curante e poi da uno psichiatra (Haldol, Quetiapina) non avevano scalfito la sua convinzione rendendola per giunta più agitata e un po’ lenta nei riflessi.
- A casa mangia regolarmente, varia gli alimenti?
- Certo! Non mi faccio mancare nulla, io.
- In effetti, temiamo che cucini sempre le stesse cose...
- Avete nulla in contrario se la sottopongo a dei test?
Niente di particolare alla visita generale a parte una modesta lentezza nei movimenti spontanei, automatici e volontari, quella che noi chiamiamo ipocinesia\bradicinesia in un probabile parkinsonismo da farmaci... o spontaneo.
Il punteggio del test MMSE*, il Mini Mental, mostrava invece un risultato grezzo di 24\30, ma con errori notevoli alla copia dei due pentagoni, molta indecisione nell’ubbidire al CHIUDA GLI OCCHI e altro ancora; il disegno dell’orologio, poi, era un’accozzaglia di numeri senza senso e mi confermava di aver fatto bene a eseguire i due test brevi!
Insomma, c’era un coinvolgimento cognitivo, eufemismo per attenuare il sospetto che Aurora si fosse inoltrata nel vicolo buio di una demenza, ma con la segreta speranza che magari fossero gli psicofarmaci a crearle più problemi di quanti (non) ne avessero risolti. Mi era già successo con quattro pazienti con i quali mi sono rimangiato, con gioia, la mia prima diagnosi di demenza e parkinsonismo!
Soliti esami del primo gradino, negativi.
Al controllo senza la paziente, il racconto delle figlie si era arricchito di fatti concreti e utili alla diagnosi: una di loro era rimasta a dormire dalla mamma per alcune notti e aveva riferito allarmata un lungo episodio di agitazione notturna, come se la mamma “agisse un incubo” (si tratta spesso di azioni motorie complesse, anche violente verso chi dormiva accanto, durante la fase dei sogni o meglio degli incubi, e comunque in fase REM, quando normalmente dovremmo essere rilassatissimi a livello muscolare mentre sogniamo: si chiamano RBD, REM Behavior Disorder e possono precedere di anni o accompagnare spesso un tipo di demenza che è legata all’alterazione dell’alfa-sinucleina, come avviene, appunto, nella malattia a corpi di Lewy).
Durante il giorno, poi, la figlia era rimasta sorpresa da una certa fluttuabilità dell’attenzione di Aurora, ma soprattutto aveva ricevuto la conferma delle difficoltà nella pianificazione di alcune delle usuali operazioni quotidiane in casa: preparare il pranzo e la cena, variandone i contenuti nei giorni passati insieme, organizzarsi in cucina nella maniera adeguata per sporcare il meno possibile, conservare in modo adeguato in frigo certi cibi...
Nel frattempo, con piccole dosi di Trittico che avevo consigliato alla prima visita, un antidepressivo a volte efficace in questi casi, sembrava un po’ più calma e meno sospettosa verso i poveri vicini.
- Potrebbe, dico potrebbe, trattarsi di una iniziale demenza a corpi di Lewy. Ma devo seguirla ancora per un po’ prima di esserne più certo. Qualche esame un po’ sofisticato può aiutarci, ma questa decisione la prenderò tra qualche settimana.
Ho dato alcune spiegazioni ulteriori sulla malattia alle figlie invitandole a provare la Rivastigmina cerotto, uno dei farmaci che agiscono (quando agiscono!) sui disturbi cognitivi e a volte comportamentali nella demenza di Alzheimer e, appunto, in quella di Lewy.
Inefficace, e così pure un tentativo con un altro farmaco simile, il Donepezil.
I mesi passavano, la situazione peggiorava attraverso episodi di disconoscimento della donna che l’accudiva, tentativi di fuga da casa, momenti di strana sonnolenza e di imbambolamento, difficoltà a gestirsi in banali faccende domestiche e nell’igiene personale.
Proposi l’altra, unica, terapia che “passa il convento”, la Memantina.
A questa molecola Aurora sembrò rispondere in qualche modo, stabilizzando le sue fluttuazioni e migliorando qualcosa nelle faccende domestiche!
Ma a dicembre dello scorso anno fu accolta in area di emergenza in ospedale a causa di uno svenimento (sincope, nel linguaggio scientifico): pallore, sudorazione fredda, perdita di coscienza per 10-20 secondi, pronto risveglio con due schiaffetti e le gambe all’aria...
- Dottore, non riusciamo a capire, mi scrivono via mail le figlie la prima volta...
- E’ possibile, in questa malattia, anzi è uno dei sintomi che segnalano un interessamento del sistema nervoso vegetativo, quello che non comandiamo, che governa la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, la termoregolazione, la fame e la sete e altro ancora! Quando l’ho visitata mi pare di ricordare che non c’era una riduzione di pressione arteriosa al momento in cui è passata da supina in piedi. Che terapia sta facendo?
- La solita, la Memantina e 10 gocce di Trittico.
Aurora ritornò a casa con qualche raccomandazione generica e nello spazio di qualche settimana svenne altre due volte. Due ricoveri in area medica, anche a capodanno, e nessun risultato a vari test cardiaci.
Epifania, una telefonata angosciata dalle figlie.
- E‘ qui ricoverata per la seconda volta in poche settimane e non si sa ancora nulla.
- Hanno rilevato un abbassamento della pressione arteriosa quando si mette in piedi da supina? Che terapia sta facendo? E’ stato cambiato qualcosa? Suggerisca di ridurre il Trittico, farmaco che può dare ipotensione ortostatica.
- Lo diremo. Hanno detto che la pressione si abbassa di circa 20-30 millimetri di mercurio quando passa in piedi anche da seduta. Stanno provando con calze elastiche e un po’ di Trieffortil.
- ... Mi legge le etichette delle scatole dei due farmaci che le ho dato?
- Trittico e Manidipina...
- Mani di che?
- Manidipina. E’ come la Memantina, ha detto il farmacista un mese fa quando sono andata a prenderne due scatole! Abbiamo scelto di comprarle e di non fare il Piano Terapeutico in ospedale...
- Ma la Manidipina è un ipotensivo! Un farmaco che abbassa la pressione... Non è Memantina! Datemi il tempo di cercare... Confermo!
- E avete pure sospeso la vera Memantina di colpo! Riducete e poi sospendete la Manidipina in due o tre giorni... parli subito con gli infermieri e poi con un medico. Se il collega ha qualche perplessità mi faccia chiamare a questo numero...
Ed è così che la povera Aurora tornò quasi quella di prima, con qualche ammaccatura in più.
La revisione della terapia è uno strumento indispensabile, fatta in famiglia ma anche col medico! Come si è visto da questa storia, a volte non basta...
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* MMSE. Ribadisco anche in questo articolo che ritengo il punteggio di questo test oltremodo aleatorio preferendo soprattutto l’interpretazione clinica in una prospettiva globale; e continuo a sostenere che si può essere dementi anche seri anche con un punteggio di 29\30! Cercate tra i miei articoli di Perlungavita o sul mio FB professionale “IL MINI MENTAL PUO’ MENTIRE”.