Mi chiamo Laura Valentini e sono presidente della Comunità Familiare Cà Nostra.
La nostra missione è offrire a persone con demenza la possibilità di socializzare, limitando l’isolamento, garantendo una buona qualità di vita e favorendo il loro benessere e conseguentemente anche il nostro, attraverso la coabitazione .
Cà Nostra è un modello innovativo. Ad oggi è un’esperienza unica in Italia; gestita dalle famiglie col supporto della comunità e con l’alto patrocinio delle istituzioni: in primo piano il Comune di Modena, l’Azienda S.L. ed il sostegno per la parte organizzativa dell’Associazione Servizi per il Volontariato. Non secondario il contributo economico della Fondazione Cassa di Risparmio.
All’interno della Comunità vivono quattro persone con malattia dementigena. Poichè al momento queste ospiti sono quattro mamme, mi riferirò a loro d’ora innanzi con questo sostantivo, anche se il termine corretto sarebbe persone con demenza.
L’assistenza domiciliare è prestata da 4 “caregiver istituzionali” che si alternano su turni settimanali in modo da essere sempre presenti almeno in due. Tre di esse sono assunte a regime di convivenza, una è assunta a 12 ore settimanali per coprire i riposi delle colleghe.
Sedici mesi sono passati da quando abbiamo dato il via al nostro ambizioso progetto.
Ogni cosa è stata immaginata a livello teorico, poi condivisa in fase di progettazione, poi... messa in pratica. Come avviene per tutti i progetti “innovativi”, in corso d’opera abbiamo dovuto spesso “aggiustare il tiro”, ma posso affermare che siamo arrivati ad una buona ed equilibrata organizzazione che dà sollievo e serenità alle nostre famiglie ed infine permette alle nostre mamme una buona qualità di vita. Il lavoro è meno faticoso e stressante anche per le nostre assistenti. In conclusione questa soluzione ha un ottimo rapporto qualità-prezzo: una buona qualità, economicamente sostenibile rispetto alle alternative disponibili.
Noi “caregiver familiari” ci occupiamo della gestione economica ed amministrativa, della spesa per il vitto e la cura degli assistiti. Selezioniamo i fornitori appropriati ed attiviamo i servizi alla persona (medico generale, medici specialisti, fisioterapisti, podologa, ma anche parrucchiere, gestione dei trasporti, ecc.). Organizziamo le attività e definiamo le regole all’interno della Comunità. Il nostro ruolo è senz’altro diverso da come era prima e da come sarebbe se le nostre mamme fossero gestite a casa propria o in struttura. Dopo questo periodo iniziale possiamo dire che i requisiti fondamentali perchè il progetto funzioni sono:
• il rispetto reciproco e
• la sintonia tra noi familiari,
dovendo condividere aspetti personali delle nostre famiglie d’origine, e molte scelte che riguardano l’operato delle assistenti e/o l’avvicendamento dei volontari.
La rete delle associazioni e dei volontari è stata coordinata dall’Associazione Servizi per il Volontariato e gioca un ruolo di primissimo piano all’interno della Comunità. Le Associazioni G.P. Vecchi, Auser, Anteas e C.S.I. sono partner del progetto.
L’Associazione G.P. Vecchi ha messo a disposizione specialisti nella riabilitazione cognitiva, il C.S.I. garantisce alcune ore di attività psico-motoria, mentre la gestione dei trasporti da e per il doppio appuntamento settimanale “Tè x due”, gestito dall’associazione G.P.Vecchi, è garantito da Auser e da Anteas.
Ci sono poi altri volontari che si avvicendano a Cà nostra in altri momenti come ad esempio per l’assistenza religiosa, per la conduzione di laboratori di cucina e di cucito (sia a mano che a macchina), per la stimolazione mnemonica attraverso la recita di poesie, canto e l’animazione di piccoli momenti di festa con musica o gioco della tombola.
I volontari dell’Ass.ne G.P. Vecchi hanno garantito alle assistenti corsi di igiene e di cura alla persona, oltre a provvedere a piccoli lavori di manutenzione ai mobili e suppellettili della casa.
Da qualche mese ASL e Comune di Modena (partner istituzionali) hanno messo a disposizione personale con specifica formazione per la conduzione alcune ore settimanali di terapia occupazionale.
Cosa è cambiato nei nostri malati?
Il cambiamento è stato sostanziale per tre delle nostre mamme. Sulla quarta stiamo ancora lavorando per migliorare la sua qualità di vita.
Il cambiamento lo si vede dagli occhi. Prima erano spenti, tristi e spesso accigliati. Ora sembrano più vivi e l’espressione è più serena. La socializzazione ha favorito il recupero cognitivo.
Osserviamo non solo una maggior disponibilità a partecipare alle attività organizzate per il gruppo, ma anche una maggior “resistenza” come segno di migliorata attenzione protratta.
La presenza di “estranei” durante le attività non costituisce elemento di disturbo ma al contrario di interesse. Commentano tra loro gli spettacoli televisivi ed i notiziari. La televisione è seguita, non passivamente subita come sovente avviene nelle strutture o in altri contesti.
Avendo a disposizione un pianoforte, una mamma, peraltro emiplegica, ha ripreso in parte la motricità grazie alla terapia occupazionale. Per tutti noi è stato di grande conforto vederla suonare a due mani! Un’altra mamma ha ripreso a cucire a macchina. Entrambe hanno partecipato alla tombola giocando in totale autonomia.
E’ cambiato qualcosa per noi?
Ci sentiamo sostenuti. La condivisione delle scelte fra noi figlie e figli ha ridotto il nostro senso di inadeguatezza, che favoriva la nostra ansia. Abbiamo acquisito una maggiore competenza nella gestione dei nostri malati, specie in relazione agli interventi ambientali/comportamentali non sperimentati o inapplicabili in precedenza. Stiamo percependo una miglior qualità di vita. Abbiamo maggior tempo disponibile per noi e per le nostre famiglie. Alcuni di noi hanno potuto riprendere relazioni amicali o altre attività, prima impossibili a farsi. Siamo più sereni, perché percepiamo che le nostre mamme hanno una migliore qualità di vita. Ritengo inoltre che sia migliorata anche la relazione tra noi e loro.