I più, ed io – colpevolmente – tra questi, pensano che la violenza di genere sia determinata da una forte connotazione sessuale.
In realtà non è proprio così, ed in effetti non è detto che la violenza di genere si identifichi solo nella violenza contro il genere femminile, anche se l’accostamento è immediato e ragionevole. Di fatto la definizione generalmente accettata di questo crimine recita che esso si concreta in “ogni atto di violenza nei confronti di una persona e che trova le sue motivazioni nell’appartenenza della vittima ad un determinato genere, o ancora le violenze che colpiscono un determinato genere in modo sproporzionato”. (1)
La violenza contro le donne, più in profondità, si può quindi definire come ogni atto violento – sessuale, fisico o psicologico, ma anche finanziario, da abbandono o medicale – compiuto verso il genere femminile che, come ogni forma di abuso, si sviluppa all’interno di una relazione che può essere affettiva, familiare, amicale, assistenziale o istituzionale, e che – come ulteriore caratteristica – si sviluppa proprio in quanto il soggetto vittima è una donna e non potrebbe essere altrimenti.
Ma oggi ci soffermiamo sulla violenza di genere contro le donne anziane, che è quindi innanzitutto una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione - come l’ageismo, che in questo caso agisce da, come potremmo dire?.. potenziatore. Come non essere abusanti di fronte ad una vecchietta che percepiamo come debole, per sua natura accogliente e poco abituata ad un contraddittorio e magari anche un po’ tocca? La tentazione è davvero troppo forte ed il risultato garantito! Obiettivo che potrebbe anche non essere raggiunto se la nostra vittima fosse un uomo.
Lo spunto mi arriva dalla conferenza che si è tenuta, come sempre on-line, il 10 gennaio scorso per la presentazione dei risultati di un’indagine sulla violenza ai danni delle donne anziane nell’area dell’Est Europa (2), zona fino ad ora poco studiata con riferimento al tema specifico.
La base di partenza per questa ricerca è il database ad ampissimo spettro creato in occasione di uno studio condotto nel 2018 dall’OCSE (3) sul benessere e la sicurezza delle donne. Da questo documento, la Croce Rossa Serba insieme all’UNFPA (4) e alla sezione europea dell’INPEA (5) hanno estrapolato una serie di dati interessanti per l’analisi del fenomeno della violenza di genere sulle donne di età compresa tra i 65 e i 74 anni.
Alcune considerazioni appaiono facilmente prevedibili, come ad esempio la generale mancanza di dati sulla prevalenza degli abusi sulle donne anziane – parliamo della fascia di età post-riproduttiva, cioè quella dai 49 anni in su. In questo senso lo studio condotto presenta un carattere di originalità rispetto alla maggior parte degli studi sulla violenza contro le donne, anche se persiste un tetto all’età massima presa in considerazione.
I risultati sottolineano l’importanza di un approccio continuo rispetto all’intero arco della vita della donna. Mi spiego: sebbene sia vero che la probabilità di subire abusi da parte delle donne anziane dipenda sostanzialmente dalla loro vulnerabilità – dovuta ad esempio a condizioni economiche svantaggiate, a situazioni di non autosufficienza fisica o psichica, o ad un certo grado di debolezza e dipendenza affettiva – risulta altrettanto fondamentale prendere in considerazione tutto l’arco della storia personale delle vittime ed in particolare la sofferenza di episodi violenti nell’età infantile e adulta. Lo studio infatti dimostra come la presenza di reiterati abusi nel corso di tutta l’esistenza possa essere considerato come fattore di rischio molto alto al verificarsi di abusi anche nell’età anziana.
L’analisi condotta distingue due macro gruppi di attori violenti: i partner e i non-partner. E anche gli abusi vengono raggruppati in tre macro classi: le violenze sessuali, le violenze fisiche altre e gli abusi psicologici. È interessante anche notare come siano stati definiti due intervalli temporali: un arco molto ampio che parte dai 15 anni di età e un periodo molto più ravvicinato definito nell’ultimo anno precedente la rilevazione. In questo caso i risultati per la medesima domanda (6) mostrano grandi differenze, il che ci fa pensare che il comportamento violento non sia – fortunatamente – una costante comportamentale: se è vero che nell’arco di 50 anni è molto probabile (più del 50%) che una donna abbia subito un abuso, non è per forza vero che ci sia stato abuso anche nel corso degli ultimi 12 mesi (meno del 20%).
In sintesi la ricerca conclude che nella regione esaminata (7) più del 56% delle donne anziane intervistate ha subito una qualche forma di violenza sin dall’età di 15 anni -nel 49% dei casi per mano del partner - e che la forma di violenza prevalente è un abuso di tipo psicologico (circa 48%). Le violenze fisiche da parte del partner costituiscono il 18% degli abusi. Molto inferiori sono, come si diceva, le percentuali se l’intervallo di tempo considerato è quello dei 12 mesi precedenti l’intervista.
Per quanto invece concerne gli abusi subiti da un non-partner, vengono presi in considerazione solamente gli abusi fisici e sessuali e nella maggioranza dei casi questi si sviluppano all’interno della sfera affettiva e amicale: amici e vicini nel 26% dei casi, altri familiari e parenti (compresi i figli) nel 25%.
Merita poi sottolineare che – nel caso di abusanti non -partner – si parla di violenza sessuale non solo in relazione ad assalti fisici ma anche con riferimento a commenti sull’aspetto delle vittime o a domande offensive sulla loro vita privata.
Le conseguenze più importanti si registrano a livello psicologico, con il 26% delle intervistate che denuncia ansia, difficoltà a dormire (25,5%), fino all‘insorgere di stati depressivi (17,4%).
Ma quali sono i fattori di rischio principali nei casi di violenza contro le donne anziane?
La relazione della Croce Rossa Serba, rileva delle componenti che potrebbero essere considerate geograficamente rilevanti. Penso ad esempio a situazioni di dipendenza da alcool, a matrimoni forzati o in età molto giovane e a stili di vita fortemente influenzati da norme e usi patriarcali. Fattori di rischio più comuni rispetto ai paesi occidentali sono invece la dipendenza economica e la presenza di disabilità.
La presentazione si è quindi conclusa con delle raccomandazioni (8) ad agire in differenti settori come ad esempio quello della raccolta dei dati.
L’inclusione delle donne anziane nelle indagini sulla violenza di genere, sul tipo di violenza cui sono soggette, sull’ambiente – domestico o istituzionale – in cui si verificano gli abusi… tutti questi dati andrebbero a completare il quadro della violenza sul genere femminile durante tutto l’arco della vita, dando così un quadro preciso di come le forme di violenza si distinguono nelle varie fasce di età.
Nelle leggi contro la violenza di genere l’età anziana dovrebbe essere poi considerata sia come un fattore di rischio aggiuntivo sia come un’aggravante in sede processuale. Anche il settore dei servizi sociali e assistenziali potrebbe implementare maggiori servizi di denuncia e sostegno alle donne anziane e contemporaneamente sostenere i lavoratori del settore a rischio di burn-out e quindi di comportamenti abusanti. Infine il settore della formazione può contribuire a prevenire, identificare e gestire situazioni di potenziale o conclamata violenza ai danni delle donne anziane, attraverso corsi di formazione e sensibilizzazione dei professionisti ma anche con incontri di informazione diretti alle stesse donne anziane.
Ritengo che questa conferenza sia stata illuminante sotto molti aspetti e ha provocato in me una serie di riflessioni che mi auguro di poter trasmettere, magari suscitando anche reazioni forti.
Prima di lanciare la bomba però vorrei soffermarmi su alcune questioni interessanti. Innanzitutto sull’area geografica oggetto dello studio. Per noi Europei, così come per la maggior parte degli Stati dell’America Centrale, è abbastanza scontato trattare certi temi e anzi, ci sembra che ormai le battaglie da condurre si siano trasferite su altri piani più profondi rispetto al basilare nominare (cioè dare un nome) una necessità (quella del rispetto dei diritti umani) o un problema (quello del maltrattamento delle donne).
In molte aree del pianeta, e penso soprattutto alle zone del Medio ed Estremo Oriente e all’Africa, questo genere di trattazione viene invece purtroppo oscurato da altre gravi emergenze. Perciò mi sembra molto positivo il fatto che queste iniziative comincino a diffondersi anche in aree fino ad ora rimaste scoperte.
Trovo tuttavia che alcuni passaggi siano rimasti sostanzialmente inesplorati. Ad esempio la distinzione dei soggetti abusanti nei due macro gruppi – partner e non-partner – è un punto di partenza tipico nella trattazione della violenza contro le donne, ma mio avviso fuorviante che influenza poi una serie di considerazioni che potrebbero essere effettuate semmai ex-post e non ex-ante.
Come forse è utile ricordare “Il maltrattamento sulle persone anziane” - donne o uomini o gender-fluid - “può essere considerato come uno o più atti – o mancanza di azioni appropriate – che si possono verificare all’interno di ogni relazione dove insiste un’aspettativa di fiducia e che è causa di danno o fonte di stress per una persona anziana” (9). Perché si verifichi un maltrattamento è quindi necessaria, alla base, un’aspettativa di fiducia, situazione che si realizza in ogni relazione dove esista uno scambio. La violenza di genere è rivolta ad un determinato soggetto perché appartenente ad un genere definito, in questo caso le donne, ma rimane – prima di tutto – un maltrattamento ed una violazione di un diritto. Trattare i soggetti abusanti come partner da un lato e il resto del mondo dall’altro induce a considerare i maltrattamenti come più gravi se arrivano da un soggetto piuttosto che un altro, mentre invece il maltrattamento è un crimine in sé.
Ancora, la violenza sessuale è tale indipendentemente da chi la infligge. E come dimostrano i risultati della ricerca, l’abuso psicologico rappresenta la maggiore percentuale anche nella violenza di genere. Premere sulla violenza sessuale mi sembra solo un mezzo per attirare l’attenzione. Un po’ come la storia di Pierino e il lupo, alla lunga rischia di far perdere interesse. Ancor di più mi trovo in sintonia con le raccomandazioni della parte conclusiva della conferenza quando sottolinea l’importanza di indagini più dettagliate sulle forme di violenza sofferte: l’abbandono, l’abuso medicale o lo sfruttamento finanziario nell’età anziana possono comportare conseguenze devastanti per la vita di una donna, tanto quanto uno strattone, che viene considerato una violenza fisica.
In secondo luogo finalmente assistiamo all’accostamento tra la violenza di genere e le donne anziane! Mi sono sempre chiesta infatti perché la violenza di genere fosse considerata tale solo se veniva inflitta a donne in età riproduttiva. E le bambine in età prepuberale? E le donne in menopausa? Anche queste esclusioni hanno fatto si che si generasse l’equivoco che la violenza di genere sia sostanzialmente una questione sessuale. Non è vero! La violenza di genere, come si è detto in apertura, è una violenza che si dirige verso soggetti appartenenti al medesimo genere, nessuno/a escluso/a e non consiste solamente in un abuso di tipo sessuale o fisico.
E qui arrivo al nocciolo della mia questione per la quale mi piacerebbe si innescasse un dibattito, una reazione.
Negli ultimi 20 anni mi sembra di essere stata testimone di un certo irrigidimento di confini nella trattazione di determinati temi a carattere sociale. Il raggiungimento di un certo benessere sociale, fisico ed economico nei Paesi sviluppati ci ha permesso di volgere lo sguardo alla sistemazione di problemi secondari rispetto alla più prosaica/basica sopravvivenza.
Il tema più immediato è stato, ovviamente, il rispetto della persona e dei suoi diritti: alla salute, all’istruzione, al lavoro e via via a scendere. Sicché dai diritti universali si passa ai diritti particolari. Non fraintendetemi: sono assolutamente favorevole ed incline a pensare che tutti, ma proprio tutti debbano avere la possibilità di vivere nel mondo migliore possibile. Ma mi rendo anche conto che continuare a restringere il campo dei soggetti titolari di un determinato diritto, alla fine farà esplodere il calderone.
L’esempio della violenza di genere sulle donne anziane cade a fagiolo.
La donna anziana vittima di violenza dove si colloca? È una donna – e allora viene protetta dalla legge Codice Rosso – oppure è un’anziana – e quindi applichiamo la normativa sui disabili? Perché non può essere semplicemente una persona che ha subito un crimine? E pensiamo forse che un abbandono da parte di un figlio non abbia la stessa valenza pratica ed emotiva in un uomo e in una donna? Che sia diverso a seconda che l’abbandonato sia o meno autonomo? Che sia più o meno grave rispetto ad un’altra forma di abuso? Perché abbiamo sempre più bisogno di restringere il campo?
Ecco, a me tutto questo fa pensare che prima o poi si arriverà al punto di avere talmente tante e troppe regole che non sapremo più a quale affidarci per proteggere o farci proteggere, tornando così al punto di partenza.
Sarei invece incline a considerare la violenza di genere e il maltrattamento come prospettive alternative di un medesimo fenomeno. D’altronde le statistiche ci insegnano che solitamente le donne sono più longeve degli uomini, ancorché meno autonome ed indipendenti. Quindi in ultima analisi le due prospettive finiscono quasi per coincidere.
E qui mi fermo prima di entrare in campi dove altre e più qualificate persone hanno maggior diritto di parola..
(1) What is gender-based violence? | European Commission (europa.eu)
(2) Conference “Exploring violence against older women in the Western Balkans, Moldova and Ukraine” (redcross.org.rs)
(3) OSCE-led Survey on the Well-being and Safety of Women | OSCE
(4) United Nations Population Fund (unfpa.org)
(5) INPEA - information and news about the prevention of elder abuse
(6) gender-based-violence-against-older-women-in-see-and-ee-final.pptx (live.com)
(7) Lo studio dell’OCSE coinvolgeva Albania, Bosnia Erzegovina, Kossovo, Moldavia, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Ucraina
(8) recommendations.pptx (live.com)
(9) Definizione derivante dalla Dichiarazione Globale sulla Prevenzione del Maltrattamento agli Anziani. Toronto, 2002