Che diminuire il ricorso all’ospedalizzazione e all’istituzionalizzazione comporti una riduzione del disagio per gli anziani e per le persone con esigenze specifiche e un notevole risparmio economico per le strutture pubbliche penso siamo d’accordo tutti.
Per raggiungere questo obiettivo non resta quindi che invecchiare a casa propria e ciò significa, concretamente, adeguare l’abitazione alle nuove esigenze del mutare dell’età e attuare di conseguenza i relativi nuovi comportamenti. L’invecchiamento della popolazione sta facendo emergere il settore delle tecnologie ICT per la vita indipendente (di cui quelle domotiche sono una parte) come un mercato promettente determinato anche dalla pressione sui sistemi di welfare per ridurre la spesa pubblica al fine di diminuire il deficit pubblico. [Si ricorda che la nozione di indipendenza è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la capacità di eseguire le attività della vita quotidiana in totale (o quasi totale) autonomia].
A questo proposito voglio qui narrare la mia recente – e non ancora del tutto conclusa - esperienza personale raccontando gli adeguamenti che ho fatto mettere in atto nell’abitazione in cui vivo tenendo anche conto della mia nuova situazione familiare.
Gli adeguamenti dell’appartamento riguardano principalmente l’eliminazione delle barriere architettoniche mediante alcuni elementi “domotici” in un appartamento (costruito meno di quarant’anni fa in maniera tradizionale) relativamente alle azioni ormai impossibili o difficili da svolgere autonomamente.
Nello specifico i lavori riguardavano l’elettrificazione degli scuri, l’apertura e chiusura della finestra a ribalta del bagno, l’eliminazione dello scalino fra interno e terrazza, l’allargamento di una porta, l’installazione di un video citofono e del comando di apertura/chiusura della porta dell’appartamento controllabile da smartphone e tablet, l’installazione di un sistema di telesoccorso.
Ho deciso di raccontare la mia esperienza perché ho notato che, mentre ci sono magnifiche dimostrazioni di case domotiche dove, ad esempio, si vedono: i sistemi di sicurezza che contattano servizi esterni (come le centrali di polizia o i centri di telemedicina); i dispositivi che mantengono costante la temperatura o diffondono musica che tiene conto delle abitudini dell’utente; come, uscendo da casa, si possano spegnere contemporaneamente tutte le luci e chiudere le tapparelle e la porta dell’appartamento o come, prima di tornare a casa, si possano accendere il forno in cui scaldare il cibo e attivare la lavastoviglie. E naturalmente tante altre ancora sono le sofisticate funzioni che si possono implementare anche se non necessariamente servono tutte all’utente che ha esigenze di sistemi domotici.
Quelli che sono molto meno pubblicizzati sono invece i casi di case tradizionali in cui vengono inserite solo alcune, semplici, funzioni domotiche che rappresentano però, quantitativamente, la gran parte dei casi visto che è piuttosto infrequente che un anziano lasci la casa in cui ha vissuto per anni per abitarne in una nuova completamente automatizzata e predisposta per applicazioni domotiche.
Inoltre osservo ancora come, disponendo di un’abitazione inadeguata all’invecchiamento e pensando di progettarla , per la seconda parte della vita, in base alle mie disponibilità reddituali, alle abitudini, agli stili di vita, alle diverse aspettative, la mia sia un’esperienza abbastanza “replicabile” visto che mi colloco nella fascia degli “adulti pre-anziani” (ovvero quelli compresi tra i 55 e i 64 anni). E’ proprio questa la fascia che dovrebbe essere maggiormente interessata agli adeguamenti domotici di una casa tradizionale dato che queste persone sono ancora ben disposte a effettuare i necessari interventi di adattamento e miglioramento ambientale, senza grandi ripercussioni sulla vita quotidiana.
In realtà le ripercussioni nella mia vita quotidiana non sono state del tutto trascurabili visto che i lavori, iniziati nell’autunno 2012 sono in via di ultimazione solo ora, nel 2014. Per citare un esempio di disagio verificatosi i lavori sugli scuri (che prevedevano le finestre aperte per buona parte della giornata) si sono svolti in giornate di forte bora portando la temperatura dell’appartamento a 17,5 gradi. Devo tuttavia riconoscere che, al di là del mio caso piuttosto sfortunato, in Italia, anche i tradizionali lavori edilizi risultano essere sempre complicati.
Una delle mie principali esigenze era quella di automatizzare l’apertura e la chiusura degli scuri di finestre e porte finestre governandoli con pulsanti posti sulle pareti interne all’abitazione e con un telecomando che li controllasse tutti. Per questo mi sono rivolta a una ditta specializzata in serramenti i cui tecnici, subito dopo aver preso le misure, hanno osservato che non era possibile tale soluzione perché la bora di Trieste avrebbe rotto in brevissimo tempo i braccetti che effettuavano l’apertura e la chiusura.
La soluzione che mi veniva prospettata era di cambiare gli scuri con altri scorrevoli da far muovere su guide poste sui muri esterni dell’edificio.
Bisognava contattare una ditta specializzata in serramenti e cambiare di conseguenza le finestre e le zanzariere (queste ultime comunque piuttosto malandate) ma subito si è concretizzato un altro problema: l’esistenza del vincolo paesaggistico che, nella via in cui abito, è a macchia di leopardo visto che case poste una di fronte all’altra possono avere o no tale vincolo.
Per ottenere il nulla osta della soprintendenza sulla collocazione delle guide scorrevoli sui muri esterni dell’edificio occorreva uno studio tecnico, corredato da disegni e documentazione fotografica a colori, sulla soluzione proposta da parte di un geometra iscritto all’albo. Dopo la consegna di tale documento occorreva aspettare la risposta della Sovrintendenza dei beni ambientali che, dopo 4 -5 mesi, è arrivata senza alcuna richiesta di variazione rispetto al progetto presentato.
Nel progetto, oltre agli scuri si prevedeva anche la realizzazione di rampe per il superamento dello scalino posto fra i vani dell’abitazione e la terrazza e questa modifica appariva semplice da realizzare.
Si è così arrivati a giugno e poiché a fine mese scadevano gli incentivi per il risparmio energetico (e non si sapeva se il governo li avrebbe rinnovati) le ditte erano oberate di lavoro e mi hanno prospettato di ritardare la messa in opera a fine luglio. Naturalmente c’è stato uno slittamento dei tempi previsti e il lavoro è stato rinviato a settembre visto che la fabbrica che forniva gli scuri elettrificati chiudeva per ferie in agosto per cinque settimane.
Nel frattempo è stato rifatto l’impianto elettrico e la collocazione dei punti di comando degli scuri sui muri esterni.
A metà settembre si è ancora rinviata la messa in opera degli scuri ai primi di ottobre 2013 e sono iniziati i lavori che si sono subito interrotti perché le rampe per superare lo scalino fra la stanza e la terrazza risultavano troppo ripide.
La legge sulle barriere architettoniche 13/1989 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” dice che la pendenza delle rampe deve essere al più dell’8%, non necessariamente dell’8% (anche meno quindi), e quindi la pendenza andava adattata alle esigenze dell’utente. Occorreva quindi modificare le rampe e, dopo varie discussioni e prove, si è deciso che la modifica delle rampe andava fatta prima di montare gli scuri.
Dopo alcuni tentativi si è trovata una soluzione accettabile per la rampa e quindi i lavori degli scuri sono potuti riprendere, occorreva però collegarli all’impianto elettrico e ciò non è stato certo immediato perché il sistema elettrico degli scuri era stato ordinato dalla ditta fornitrice dei serramenti senza consultarsi con gli elettricisti. Grazie al contributo di tutti si è comunque arrivati a una soluzione e da gennaio di quest’anno gli scuri sono automatizzati e la rampa è percorribile.
Il sistema di telesoccorso è stato installato da una ditta che ha notevole esperienza nel settore e non ha dato luogo ad alcun problema. Per quanto riguarda il videocitofono e lo smartphone mi viene presentato un preventivo comprendente anche l’integrazione con il sistema di sicurezza rappresentato dalla porta blindata e mi viene detto che, una volta iniziati, i lavori dovrebbero concludersi in circa una settimana.
Se si esaminiamo l’industria domotica notiamo come essa sia più semplice da analizzare rispetto all’industria delle tecnologie assistive ICT: la prima infatti si rivolge ai consumatori in generale, la seconda a quelli con esigenze specifiche che restano comunque una nicchia di mercato.
Gli utenti senza deficit fruiscono gli ausili domotici in termini di comodità, quelli con esigenze specifiche in termini di indispensabilità. Tuttavia anche studiare l’industria domotica non è banale visto il gran numero di articoli, di piccole aziende, di differenti fornitori di servizi usati per distribuire i prodotti.
L’espansione del mercato potenziale in parallelo con l’espansione della nozione di disabilità, con il passaggio alla nozione di “independent living” e con l’affermazione del principio “design for all” implica una continua innovazione tecnologica per migliorare la performance dei prodotti o per introdurne di nuovi.
A questo dato di fatto vorrei aggiungere alcune mie riflessioni sull’introduzione di funzioni di automazione dell’abitazione. Prima di tutto osservo che in Italia non esiste una vera e propria cultura dell’interoperabilità fra diverse (e molto frammentate) professionalità e svariati sistemi tecnologici settoriali e ciò, pur non essendo forse la causa principale, contribuisce, assieme ai prezzi alti e ai problemi tecnici, alla ancor scarsa diffusione dei sistemi domotici.
Ci sono anche pochi punti di riferimento per la formazione, l’aggiornamento e le consulenze tecniche e d’indirizzo, nel mio caso posso ricordo il CRIBA (Centro regionale di informazione sulle barriere architettoniche) a cui sono ricorsi alcuni dei professionisti coinvolti.
Si dà per scontato che il consumatore con esigenze specifiche agisca, in qualità di soggetto economico, nello stesso mercato in cui agiscono gli altri consumatori condividendone i limiti cognitivi e informativi; è invece importante rendersi conto che quello domotico è ancora un mercato non del tutto affermato e che i limiti cognitivi e informativi sono ancor prima degli operatori che degli utenti di tale mercato. Questa situazione naturalmente comporta problemi d’integrazione fra diverse tecnologie, perdite di tempo, aumento dei costi.
Un modo per limitare questa frammentazione di esigenze, di standard e di produzione di nicchia è offerto dal principio design for all. Produrre un articolo commerciale rivolto a tutti ma che soddisfi le particolari esigenze del consumatore con limitazioni funzionali è il caso “classico” delle aziende domotiche e risolve molti dei problemi di progettazione, produzione e distribuzione nel mercato (in crescita ma comunque limitato) dei consumatori con esigenze specifiche.
La documenrazione fotografica dell'intervento sulla mia abitazione
Io abito all’ultimo piano che è il terzo.
Complessivamente i lavori eseguiti sono stati: elettrificazione e sostituzione degli scuri precedenti con altri di metallo, sostituzione delle finestre e delle zanzariere, allargamento di una porta interna, costruzione di una rampa tra la terrazza e il salotto, sostituzione dell’impianto elettrico, un documento progettuale sul vincolo paesaggistico per l’approvazione da parte della sovraintendenza per i beni ambientali.
Alcuni particolari prima dell'intervento
Alcuni particolari dopo l'intervento