Tra il serio e il faceto, devo dire francamente che non mi ha mai del tutto entusiasmato il dibattito culturale e scientifico sui sistemi di classificazione e valutazione dell’anziano. Ho partecipato attivamente alla formazione sul campo per l’implementazione nella mia regione di uno di questi sistemi, ma sono da sempre abbastanza restio a giudicare pregi, qualità, difetti, confrontabilità dei vari sistemi.
Riconosco che i più accreditati e completi sembrano essere VAOR, MPI, e SVaMA, alcuni assemblati in sistemi di utilizzo pratico come Atlante, ma non vorrei entrare in queste sottigliezze.
Vorrei affermare come anche il miglior metodo valutativo in scale, sia prognostico, sia esso squisitamente mono o pluridimensionale per la complessità del paziente anziano, non possa sostituire conoscenza, ispezione e tocco di un anziano… conoscere la geriatria vuol dire comunque proprio approfondire questi ultimi aspetti.
La riflessione mi è nata qualche giorno fa, quando partecipavo come diciamo intervistato, ad un convegno, il tema della sessione era sessualità nella terza età, il conduttore un mio caro amico il professor Umberto Senin, uno dei miei riferimenti culturali, quindi maestro, oltre che professore emerito di geriatria. Ho molto riflettuto su questo tema e su quanto poco sia esplorato ed esplorabile questo aspetto dell’esistere dalla medicina geriatrica, che ne parla, ma poi lo ripone in un cassetto… dimenticandolo nella pratica clinica… Quasi mai per pudore o per convenzione si esplora questo tema, se non nelle rievocazioni anamnestiche ammantate di machismo di alcuni pazienti, che sfumatamente fanno riferimento a performance degne di pornoattori e certo poco plausibili…, tutto ciò ha sicuramente in alcuni ambiti, più il sapore della psicopatologia da disinibizione che della realtà. Le mogli, se il dialogo è di coppia, subiscono come sempre questi riferimenti, probabilmente con la stessa pazienza con cui allontanano le avances ormai sbiadite dei partner, ben conoscendone poi i risultati…
Questo preambolo per dire che poco conosciamo ed indaghiamo una parte dell’esistere che molto contribuisce al tono dell’umore e alla qualità di vita di molti di noi … ed anche dei vecchi, e che i sistemi di VMD (Valutazione MultiDimensionale) poco declinano credibilmente questa delicata sfera che fa parte dell’esistere anche dei vecchi…
Non si entra in questo specifico campo, troppo audace e semplice nel contempo e chi di noi indaga la sessualità come segno vitale…? Tutti presi da affermare l’esistenza del V° segno vitale il dolore, certamente da scacciare e da sconfiggere, ma tutti noi altrettanto poco inclini ad una vera conoscenza ed esplorazione di ambiti pur così vitali…
La VMD misura e inquadra come affermato molti anni orsono, dai Kane:
• Le caratteristiche generali iniziali del paziente anziano
• Può aiutare alla revisione periodica e programmata del miglioramento/peggioramento clinico
• Può misurare l’efficacia o meno di un determinato trattamento e la qualità delle cure
• Può aiutare a stabilire il grado di non autosufficienza (quantificare il fabbisogno assistenziale)
• Può individuare i soggetti a rischio di perdita dell’autosufficienza (predire le necessità e i costi futuri)
• Può avvicinare a stabilire una prognosi.
È quindi certo uno strumento straordinario e sistematico in mani esperte.
Questo banale esempio per dire che io non diffido dal metodo e dagli strumenti, ma invito a guardare alla VMD come strumento e non come sostanza. La VMD in geriatria deve far parte integrante della formazione e dell’esperienza di ogni geriatra ed anche delle altre figure professionali che ruotano attorno all’anziano, ma non dovrà mai sostituire il fatto che andrà sempre affiancata al colloquio, all’ispezione e alla valutazione clinica, pena la sconfitta del nostro approccio culturale globale all’anziano.
Quindi largo e diffusione ai sistemi di VMD geriatrica, scienza la nostra che li ha inventati, implementati, aggiornati in suite per vari setting operativi, financo esportati come modello di valutazione anche in altri ambiti scientifici, ma che dovrà ricordare che l’approccio al malato geriatrico è ancora imprescindibilmente legato alla conoscenza fisica, alla visita, alla semeiologia e a un’attenta raccolta ed ascolto dei racconti anamnestici del paziente anziano.
Questi strumenti possono almeno in parte misurare anche la fragilità, ma dobbiamo saperli interpretare e miscelare con un’ottima dose di competenze cliniche.
La VMD in geriatria è necessaria e indispensabile per studi di popolazione credibili, aggiornati e che permettano confronti fra casistiche, tutto deve essere misurato, possibilmente con gli stessi strumenti, senza guerre ideologiche, semplicemente applicando quelli che hanno maggiore diffusione, credibilità scientifica, fruibilità, che siano i più completi possibile e magari di agile applicazione, ma non dimentichiamo e soprattutto continuiamo ad insegnare ai giovani e a chi lavora con noi, che ogni scala e ogni strumento di valutazione applicato, va ad affiancare l’indispensabile valutazione clinica e non a sostituirla.
Ciò come monito delle future generazioni di geriatri e di tutti gli altri professionisti che lavorino o lavoreranno al servizio dei nostri pazienti anziani.